Diverse sono state le tematiche emerse nel corso della dodicesima edizione del Comagri Report, l’incontro annuale dedicato alla condivisione del lavoro svolto dalla Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo. Tenutosi lo scorso 20 dicembre, presso la sede del Parlamento europeo a Roma sotto il coordinamento dell’Onorevole Paolo De Castro, l’evento ha visto anche la presenza del Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Onorevole Francesco Lollobrigida.
Tra i temi affrontati, si segnalano il rallentamento del Green Deal europeo per via della grave crisi economica, il conseguente allontanamento dell’obiettivo europeo della carbon neutrality al 2050, nonché le inevitabili difficoltà di approvare alcuni provvedimenti della strategia Farm to Fork legati alla redditività agricola, quali quelli sugli abbattimenti dei fitofarmaci e delle emissioni industriali. Ancora, siè discusso della partenza del primo Testo Unico europeo sulla qualità dedicato ai prodotti a denominazione di origine, il quale potrebbe vedere la luce già entro la fine del 2023.
La prima riforma “green” che sembra destinata a slittare oltre i tempi prestabiliti dalla rigida scaletta della Commissione europea, è quella del regolamento sui fitofarmaci. Come noto, la bozza in discussione è nata con l’obiettivo di abbattere del 50% l’uso della chimica in agricoltura entro il 2030. Una soglia temporale che oggi appare quasi impossibile da rispettare. La Commissione europea ha accolto, infatti, nelle votazioni dello scorso dicembre, la richiesta dell’europarlamento, su proposta di 17 ministri europei dell’Agricoltura, tra cui l’Italia, di sottoporre la riforma a una seconda valutazione d’impatto che tenga conto, diversamente dalla prima, anche degli effetti del conflitto russo-ucraino sul settore agricolo.
“Non possono non tenersi in considerazione – ha spiegato l’Onorevole De Castro – le grandi difficoltà economiche che il settore agroalimentare europeo sta affrontando a causa del drammatico incremento dei costi dell’energia e delle materie prime che erodono all’osso i margini di guadagno delle aziende agricole. Questa situazione arriva a sfiorare il paradosso se si considera che nel 2022, la domanda di made in Italy agroalimentare è cresciuta mentre, per contro, in questo stesso anno, molte aziende del settore faranno fatica a chiudere i propri bilanci in positivo”.
Il nuovo regolamento sui fitofarmaci è uno di quei provvedimenti della Farm to Fork considerati nevralgici nell’impianto del Green Deal, insieme, fra gli altri, alla bozza per una nuova direttiva sulle emissioni industriali, il cui iter legislativo è anch’esso fonte di preoccupazioni per i parlamentari europei. “Sono due provvedimenti che generano grande apprensione – ha proseguito De Castro -. Per quanto riguarda il regolamento sui fitofarmaci, posto che è indiscusso che tutti vogliamo ridurre la chimica in agricoltura, il problema principale deriva dal fatto che non esistono, a oggi, soluzioni alternative per sostenere la produttività, e quindi il reddito, degli agricoltori. Come se non bastasse, nella prima valutazione d’impatto della Commissione, depositata la scorsa estate, all’Italia viene chiesto di ridurre l’uso dei fitofarmaci del 62%, ben 12 punti percentuali al di sopra dell’obiettivo medio europeo, con la motivazione che nel nostro
Paese se ne usano di più rispetto ad altri: circa 6 chili per ettaro rispetto ai 2-3 degli Stati nord europei. Un confronto che non ha senso; non si possono paragonare sistemi produttivi diversi. Noi usiamo più fitofarmaci e, si noti bene, in un’ottica di progressiva riduzione che non ci è stata riconosciuta, perché dobbiamo combattere quotidianamente con le fitopatologie in aumento anche a causa del cambiamento climatico che è più accelerato nell’area del bacino mediterraneo. È ovvio che in un Paese del nord Europa dedito alla selvicoltura o all’allevamento, questi problemi siano meno sentiti. Non possiamo chiedere ai nostri agricoltori di fare un tuffo nel vuoto, smettendo di usare la chimica senza che, sul mercato, siano disponibili delle alternative concrete per potere continuare a produrre”.
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