I consumi alimentari hanno aggravato, nel 1° trimestre, le tendenze recessive del mercato, emerse da tempo. In valore, infatti, le vendite sono diminuite del -1,6% sullo stesso periodo 2018, con un netto appesantimento rispetto al +0,6% del consuntivo 2018, mentre in volume hanno fatto ancora peggio, arrivando in parallelo al -2,6% dopo il -0,5% del 2018. Eppure, i prezzi al consumo dell’alimentare lavorato sono stati ultrapiatti, con un -0,1% nel confronto marzo 2019/18. Ma ciò non è bastato a lubrificare un mercato pesantemente gravato da un macigno quale la carenza della capacità di acquisto. Non c’è da meravigliarsi.
La scarsa capacità di acquisto interna pesa come un macigno
Il Paese è bloccato, con il Pil che rimane oltre quattro punti sotto il livello del 2007, ultimo anno pre-crisi. Ma è soprattutto il reddito pro capite che soffre e che sottolinea l’impoverimento nazionale. Secondo i dati Eurostat, il reddito di sponibile degli italiani (in altre parole, il potere d’acquisto) è sceso in valori costanti (ovvero in termini reali) del -8,7% nel decennio 2008-2017. Un risultato negativo, superato, nella Comunità, solo da Cipro (-15,4%) e dalla Grecia (-30,8%).
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Responsabile Ufficio Studi, Mercato e Ufficio Stampa di Federalimentare
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