I prodotti alimentari devono soddisfare le esigenze nutrizionali delle persone alle quali sono destinati e, ovviamente, non metterne in pericolo la salute. Perciò, negli alimenti per i bambini nella prima infanzia, come dispone la regolamentazione di settore, possono essere impiegati soltanto alcuni nutrienti e l’indicazione in tema di residui, secondo due pareri del Comitato scientifico dell’alimentazione umana espressi il 19 settembre 1997 e il 4 giugno 1998 sul livello massimo di residui (Lmr), è di tollerarne, in generale, la presenza fino a 0,01 mg/kg (con limiti differenti per talune sostanze, ulteriormente in corso di modifica mentre scrivo questi appunti).
UN CONFINE GIURIDICO LABILE MA UNA SICUREZZA COMUNE
In realtà, giuridicamente, la successione di norme, con abrogazioni a cui non sempre è seguita un’integrazione del compendio regolatorio come, ad esempio, nel caso del latte di crescita, non ha permesso un ricompletamento del quadro della materia a seguito della rinnovata disciplina dei prodotti alimentari destinati a specifiche categorie di consumatori. E la stessa posizione della Commissione, nel corso degli anni, sul tema dei residui differenziati nei cibi per l’universalità dei consumatori e in quelli destinati ai bambini ha avuto diverse oscillazioni, per lo meno per quanto riguarda la comunicazione al pubblico (vedasi nota dell’8 dicembre 2011 della Dg Sante). Questo in sintesi il contesto giuridico riguardante gli alimenti per bambini.
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Avvocato esperto in diritto dell’alimentazione
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