La tempesta più che “perfetta”, deflagrata nella sua interezza a metà del primo semestre dell’anno, sul fronte dei costi di imprese e famiglie non mostra segni di cedimento, alimentata da fattori oggettivi e dalla petulante spinta della speculazione. I prezzi di gas ed elettricità sono esplosi dopo la decisione della Russia, il 16 giugno scorso, di tagliare le forniture alla Germania e all’Italia. Le ulteriori riduzioni annunciate a inizio luglio da Gazprom per motivi apparentemente “tecnici” hanno appesantito la situazione e sottolineato il rischio di un blocco totale delle forniture. La prospettiva di un tetto al prezzo del gas, proposto insistentemente dal nostro Governo, appare di difficile realizzazione, mentre sembra più praticabile, ma anch’essa da verificare, quella di stoccaggi comunitari condivisi.
LA CRISI DI CONTESTO SI CONSOLIDA E A TRAINARE LA PRODUZIONE ALIMENTARE È SEMPRE L’EXPORT
La realtà è che al tavolo da poker della crisi (Dostoevskij scrisse che nell’anima russa convivono il giocatore d’azzardo e quello di scacchi) Putin ha due assi nella manica, il gas e il grano, senza considerare il corredo di petrolio, minerali, altri prodotti agricoli, fertilizzanti ecc. E se li giocherà bene fino in fondo per contrastare, con la propria strategia di logoramento, quella speculare, basata sulle sanzioni e l’aiuto bellico all’Ucraina, perseguita dalla Nato nei suoi confronti. Certo, sul passo lungo un Paese come la Russia, con un Pil inferiore del 10% a quello italiano, una manifattura impostata su produzioni di base, povere di valore aggiunto, è destinato a soccombere anche se dispone di immense risorse naturali. Il fatto è che, a lungo termine, fra sanzioni e ricatti incrociati, la partita la perdono tutti e fra i Paesi più esposti c’è proprio l’Italia, gravata da un debito pubblico prossimo ai 2.800 miliardi e da forti dipendenze estere in campo energetico e agricolo.
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