© Gilberto Urbinati - Rimini
Il frumento, patrimonio della natura, è un’ingegneria botanica che, nelle vecchie varietà di grano, in prossimità della maturazione, prevedeva un culmo alto fino a due metri, per ripararsi dalle malerbe. Poi la mano dell’uomo, l’addomesticamento, già nel 9000 a.C., e di seguito il miglioramento genetico dei grani conducono alle varietà attuali.Specie vegetali ermafrodite autosufficienti, in grado di riprodursi in autonomia, senza dover interagire con un altro esemplare della propria specie, ma che tuttavia possono essere impollinate da specie diverse, dando il vantaggio di fare sorgere nuove varietà, varietà ibride. Una di queste varietà è il grano tenero, che, contrassegnando la storia dell’umanità, è divenuta la più importante del pianeta. Le varietà di frumento differiscono tra loro per i caratteri meglio identificati quali l’altezza e la dimensione del culmo, l’estensione della foglia, il colore, la compattezza, la forma della spiga. I caratteri più importanti, dove il miglioramento genetico ha posto attenzione e si è concentrato, sono quelli relativi alla resa per ettaro seminato e alla qualità del cereale, caratteristiche che dipendono a loro volta dalla potenzialità produttiva della pianta, dalla sua capacità di resistere alle malattie ed alle avverse condizioni atmosferiche. I livelli di ploidia, il numero delle serie di cromosomi presenti in una cellula, identificano la specie primitiva, o diploide (grano duro), dal tetraploide (grano tenero) ed ancora dai grani moderni o esaploidi. Maggiori proprietà nutrizionali, presenza di antiossidanti, proprietà antinfiammatorie e capacità di ridurre il colesterolo, sono le caratteristiche dei grani diploidi, denominati antichi, rispetto agli esaploidi. Gentil Rosso, Monococco, Kamut, Rieti, Saragolla, Senatore Cappelli, Tumminia, Verna sono tutti marchi di grani diploidi. L’elevata tenacità, la capacità del grano macinato di trattenere all’impastamento l’amido in una maglia di proteine, è la caratteristica dei grani esaploidi o moderni. I grani moderni sono dunque il frutto di un’accurata selezione, fatta tra piante più basse, meno tardive e con glutine tenace. Ma la denominazione di antico non dovrebbe riferirsi a qualcosa di scomparso, non più disponibile? Oppure l’aggettivo viene attribuito alle specie di frumento naturali che hanno dato origine, dopo il domesticamento, alle varie tipologie di frumento coltivato? O forse a quelle tipologie di grano, non solo diploidi, ma anche tetraploidi ed esaploidi, che non siano stati oggetto di “ibridazione” da parte dell’uomo e successiva selezione? In realtà, l’ibridazione tra diversi genotipi non è affatto una pratica inventata dall’uomo, ma esistente in natura, sia nei frumenti, sia in quasi tutte le specie viventi. In quest’ultimo senso, antico diventa quindi qualsiasi grano coltivato prima del 1925, subito dopo le esperienze fatte dall’agronomo e genetista Nazzareno Strampelli. Il grano e le sue caratteristiche hanno sempre generato argomenti di confronto e forse oggi più di ieri, da quando i grani moderni sono stati “demonizzati e colpevolizzati” delle più disperate patologie. Di certo i grani antichi, che oggi sono tornati alla ribalta, hanno caratteristiche peculiari quando confrontati con i moderni: l’altezza li protegge dalle malerbe, perché l’ombra esercitata dalla pianta alta riduce la crescita delle infestanti, hanno stabilità biologica, e sono quindi meno influenzati dalla fertilità del suolo, ed una filiera più breve, che limita problemi di contaminazione durante lo stoccaggio.
NON VENTILARE IL GRANO A QUALSIASI VENTO E NON CAMMINARE SU QUALSIASI SENTIERO Siracide
Il contenuto proteico è un altro importante elemento di dibattito, in quanto è proprio questo, in stretta relazione al glutine, reso responsabile della celiachia. C’è chi afferma che il glutine dei grani moderni sia meno digeribile rispetto ai grani antichi, e quindi più dannoso alla salute, e che sia questo a contribuire a scatenare la celiachia. Le proteine vegetali presenti sono le Albumine (solubili in acqua), le Globuline (solubile in soluzione alcolica al 70%) nonché le Glutiline (solubili in soluzione acide e basiche) e le Gliadine (le maggiori responsabili per il morbo celiaco). Grazie ai vari studi fatti tra il 2017 e il 2018 si arriva alla conclusione che, paragonando i grani antichi a quelli moderni in riferimento alle proteine, poco è cambiato nella composizione. Sembrerebbe addirittura che le proteine del grano moderno siano meno dannose per il celiaco, rispetto a quelle antiche, in quanto l’evoluzione ha portato ad un aumento delle glutenine (che hanno un importante ruolo nella panificazione), tralasciando le gliadine che invece sono le maggiori responsabili del morbo celiaco. Le intolleranze sono malattie reali e diagnosticabili, nonostante la diagnosi sia molto complessa. Molti tra coloro che dichiarano di essere intolleranti al glutine hanno autodiagnosticato la patologia, il che è ovviamente avventato. Ma l’evoluzione del seme, spontanea o indotta, ha comunque apportato benefici a partire dall’adattabilità delle colture a terreni difficilmente coltivabili, a climi precedentemente insostenibili, in zone altrimenti non praticabili. La certezza però è una, ovvero il frumento, moderno o antico che sia, è nemico del soggetto affetto da morbo celiaco.
Leggi la rivista completa[members_not_logged_in]Abbonati per visionare la rivista[/members_not_logged_in]
© Riproduzione riservata
© Copyright 2022 AVENUE MEDIA S.R.L. Tutti i diritti sono riservati. Privacy Policy Editoria