A chi lavora con le grandi aziende è di sicuro capitato di ricevere, prima o poi, una email (in tempi passati una raccomandata) della redazione di un periodico che si occupa di temi di consumo e di test comparativi, che preannunziando l’imminente diffusione delle prove compiute sull’alimento del controllato, chiede se si abbia qualcosa da obiettare sulle analisi di laboratorio compiute e su taluni giudizi che saranno o potrebbero essere pubblicati.
LUCI E OMBRE DI UNA PRATICA SEMPRE PIÙ DIFFUSA MA PRIVA DI “UFFICIALITÀ”
Come, immagino, sarà pure capitato di essere raggiunti da una telefonata o da una email del responsabile di una pubblicazione online o cartacea che preannunzia qualche esternazione del giornale su un prodotto che riguarda la tua impresa, così riscoprendo, talvolta, antiche conoscenze.
Ma il tempo corrente è pure quello delle applicazioni che giudicano la bontà o le caratteristiche nutrizionali degli alimenti, indirizzando così i consumatori, o del sistema pubblico francese Nutri-Score che assegna un punteggio nutrizionale senza tenere in conto le dosi di consumo; è l’epoca dei tutorials degli innumerevoli “esperti” che discettano di alimenti con un atteggiamento spesso onnisciente, si parva licet, ingiustificato, per cui le aziende devono confrontarsi molto spesso con censori privati, simil tecnici e giudizi, spesso decontestualizzati, o frasi estrapolate poco condivisibili. Insomma, è esperienza comune il fatto che il settore della critica alimentare (o delle buone recensioni) non sia sempre trasparente, indipendente ed espressione di quella dialettica che anima ogni attività umana tipica di una società tendenzialmente libera.
continua…
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Avvocato esperto in diritto dell’alimentazione
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