Nell’ambito della vasta riforma introdotta dal D.Lgs. 2022/150, la cui entrata in vigore è stata rinviata al 30 dicembre 2022 dal D.L. 2022/162, in tema di efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, il diritto alimentare è trattato principalmente all’art. 70 con un complesso articolato che prende avvio con l’introduzione dell’art. 12-ter (Estinzione delle contravvenzioni per adempimento di prescrizioni impartite dall’organo accertatore) e i susseguenti articoli fino al 12 nonies nella L. 283/1962, in cui si prevede che “Salvo che concorrano con uno o più delitti, alle contravvenzioni previste dalla presente legge (la L. 283/1962, ndr) e da altre disposizioni aventi forza di legge, in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande, che hanno cagionato un danno o un pericolo suscettibile di elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie e per le quali sia prevista la pena della sola ammenda, ovvero la pena dell’ammenda, alternativa o congiunta a quella dell’arresto, si applicano le disposizioni del presente articolo e degli articoli 12-quater, 12-quinquies, 12-sexies, 12-septies, 12-octies e 12-nonies”. In pratica, il meccanismo è quello che ai fini dell’estinzione della contravvenzione e del comportamento elidente delle conseguenze dannose o pericolose, l’organo accertatore, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, impartisca al contravventore un’apposita prescrizione, adempiuta la quale il contravventore è invitato a pagare in sede amministrativa, nel termine di 30 giorni, una somma pari a un sesto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini dell’estinzione del reato. E in caso di mancato adempimento alla prescrizione il procedimento penale, superate le varie sospensioni, procederà per il suo corso. Meccanismo che, mutatis mutandis, già opera in altre materie del diritto. Senza entrare nel dettaglio della norma, ad esempio in tema di sospensione della prescrizione, piuttosto che di prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento in sede amministrativa, o allo stesso perimetro di applicabilità (riguarda anche i mangimi per gli animali destinati alla filiera alimentare, piuttosto che gli Ogm e le relative sanzioni di cui al D.Lgs. 70/2005?), la novella merita alcune prime osservazioni circa l’impianto generale.
L’impianto generale della novella
A mio avviso, non è una depenalizzazione, visto che la tutela penale, almeno come possibile quadro di riferimento, continua a esistere anche con il nuovo articolato della L. 283/62, ma si tratta di una depenalizzazione soggettiva, dal momento che sarà la scelta dell’operatore alimentare di aderire o meno alla prescrizione (se prevista) e al pagamento in sede amministrativa (quindi non della contravvenzione) che determinerà l’obbligo di estinzione del reato o, in caso contrario, di restare nel procedimento penale. Meccanismo a tratti oscuro perché i margini discrezionali affidati all’autorità competente, che “impartisce al contravventore un’apposita prescrizione”, appaiono sostanzialmente autodeterminati dalla stessa autorità di polizia giudiziaria e sono inoltre sottoposti al controllo del pubblico ministero (e non di un giudice terzo o, per lo meno, dell’autorità sanitaria). La mancanza di un contrappeso tra soggetto controllato e controllante e, specialmente, la non terzietà rappresentata dall’organo di polizia giudiziaria e dell’autorità inquirente di riferimento, a mio modo di vedere marca in maniera indelebile un’attività che nel caso si concluda con la sanzione amministrativa potrebbe non presentare profili di fragilità (legittimità) legale, mentre nel caso di mancata (e motivata) adesione del controllato alle disposizioni dell’autorità inquirente, per diversità di veduta sulla portata o natura della prescrizione, o sulla proporzionalità o ragionevolezza, o sull’adempimento della stessa ecc (1), vedrebbero la posizione processuale dell’operatore alimentare già ampiamente pregiudicata. Infatti, un complesso di attività preprocessuali, privo di tutele, si sarebbe in tal modo già formato determinando un disequilibrio ai danni dell’imprenditore alimentare indagato. Senza considerare che l’autorità inquirente prima e quella giudicante dopo, necessariamente si affidano all’autorità di polizia giudiziaria che, al contempo, avrebbe non solo il ruolo di accertare l’ipotesi di reato, ma anche quello di imporre/proporre, attraverso la prescrizione, il comportamento igienico sanitario dell’azienda alimentare magari quotidianamente controllata (pensiamo al caso del veterinario ufficiale che opera in uno stabilimento di grandi dimensioni di lavorazione carni ma, forse, assolutamente sconosciuto). Se si considera, inoltre, che la polizia giudiziaria è statutariamente (ex art. 59 c.p.p.) subordinata al magistrato e che la direzione delle indagini preliminari (ex art. 326 c.p.p.) e l’operato della polizia giudiziaria avvengono sotto il controllo del pubblico ministero, la nuova procedura affievolisce il ruolo di imparzialità che dovrebbe avere il soggetto pubblico che si occupa di sanità, confondendosi irrimediabilmente la figura tecnica del tutore dell’igiene o dell’auditor pubblico (ad esempio, ex art. 9 D. Lgs. 27/2021) con quella dell’operatore di polizia giudiziaria, divergendo così anche dal quadro previsto dalla normativa Ue.
I generosi tentativi di definire a livello dottrinale gli ambiti dei poteri di prescrizione sono privi, a mio parere, di una base legale; dovrebbe essere la norma, infatti, a definire l’azione della polizia giudiziaria visto che essa incide sulla libertà personale, su quella d’impresa e sui diritti dell’indagato in sede penale. Quindi, a me pare che non solo vi sia una riserva di legge di altissimo profilo da rispettare (e non rispettata), ma anche che esistano criteri di ragionevolezza e armonizzazione sul territorio che dovrebbero spingere a previamente determinare i criteri cui ispirare l’azione prescrittiva della Procura Generale.
Condivido quanto scrisse il mio mentore, Renato Piccinino, sul fatto che le norme in tema alimentare siano “imperniate su presupposti riferibili a scienze esatte e cioè a determinati dati tecnologici, tossicologici, organolettici ecc.” (in Diritto penale alimentare, I, Utet, Torino, 1998, pp. 56 ss.), un richiamo all’obiettività, quanto mai attuale, che permette, se e in quanto rispettato, un maggiore livello di sicurezza giuridica e tutela dei diritti.
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Avvocato esperto in diritto dell’alimentazione
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