Il mercato del grano duro dei prossimi mesi non potrà prescindere da quello passato. Senza guardare troppo indietro, l’annata 2021-2022 ha registrato, per la terza volta consecutiva, produzioni mondiali non sufficienti a coprire consumi che per il grano duro sono storicamente molto rigidi. In particolare, il 2021-2022 ha visto raccolti ai minimi degli ultimi 15 anni a causa della forte siccità che ha colpito le pianure di Usa e Canada dimezzandone, di fatto, la produzione. Un raccolto mondiale di grano duro di circa 30 milioni/t, a fronte di consumi consolidati di 35-38 milioni/t, ha giocoforza imposto agli operatori una riduzione degli impieghi, fino ai 32 milioni/t rilevati dalle ultime statistiche dell’Usda, con Paesi che sono stati costretti a un maggiore uso in miscela di grano tenero per garantire in volume le loro produzioni. Turchia, Nord Africa e anche gli Usa hanno reintrodotto nelle ricette dei prodotti a base di gran duro limiti meno restrittivi per l’utilizzo di altri grani, rivivendo quanto, con meno enfasi quantitativa grazie ad adeguati stock iniziali, si era osservato nel 2007.
NONOSTANTE IL COVID E IL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO IL MERCATO GUARDA AL FUTURO CON CAUTO OTTIMISMO
La combinazione di risicati stock iniziali a giugno 2021 e il “default” di Usa e Canada ha determinato un’annata a dir poco critica per l’intero settore, con momenti di forte tensione in tutta la filiera, dai produttori agricoli ai molini, fino ai pastifici; tutti legati ad accordi e contratti “forward”, in essere e da onorare, in un contesto di mercato che ha deciso di arrivare a fine annata agraria con scorte quasi a zero. Senza dubbio l’annata agraria appena conclusa, e anche quella precedente, sono state caratterizzate dalla pandemia, da un’estrema volatilità dei consumi, da serie difficoltà di approvvigionamento e da un’evoluzione dei prezzi a dir poco sconcertante se non addirittura drammatica. Nel solo mese di agosto 2021, a mercati chiusi, si è registrato un incremento di quasi 100 euro/t, che sulla piazza di Bologna ha portato, nel periodo giugno 2021-giugno 2022, a uno “spread” attorno ai 260 euro/t, di fatto raddoppiando le quotazioni del grano duro rispetto alla chiusura della campagna 2020-2021, dove la volatilità delle quotazioni fu quasi marginale. Volendo guardare oltre un’annata che ricorderemo come una delle più incerte dell’ultimo decennio, le previsioni a livello globale per il 2022-2023 sono a oggi in linea con quanto osservato già lo scorso autunno, con la conferma di stime di semina in aumento un po’ ovunque: prima in Europa, poi nel resto dei Paesi produttori di grano duro “vernino”, fino alle più recenti notizie di superfici in crescita nelle aree vocate “primaverili” di Usa e Canada.
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CEO di International Grain and Services
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