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Così, come tutti (anche i giovanissimi) sanno, il canto XXVI della Divina Commedia, noto anche come Canto di Ulisse, è ambientato nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno, ove si trovano i consiglieri fraudolenti e si riferisce al discorso che Ulisse rivolge ai suoi compagni per spronarli a continuare il loro viaggio oltre le colonne d’Ercole. La vita di oggi ci vede sempre più lontani dai campi e dall’agricoltura, misconoscendola e fornendo uno scenario utile al proliferare di immagini che la riconducono più a suggestioni commerciali piuttosto che alla realtà. Ciò penalizza la percezione dell’innovazione e del suo ruolo in agricoltura, dove gli attori non sono solo i ricercatori operanti nei laboratori, ma anche i contadini, cioè coloro che seminano e lavorano la terra.
“CONSIDERATE LA VOSTRA SEMENZA: FATTI NON FOSTE A VIVER COME BRUTI, MA PER SEGUIR VIRTUTE E CANOSCENZA”. Dante Alighieri
I contadini da soli prima, con l’aiuto degli agronomi poi, applicarono ed applicano i risultati della ricerca al lavoro nei campi, trasformando la ricerca stessa in innovazione. Costoro sono i pionieri e gli artefici di un’agricoltura italiana straordinaria, che è vanto per il paese sia per standard di qualità che per diffusione di cultura gastronomica e di stili di vita, buon mangiare sano e buon vivere, ormai riferimento per tutto il mondo. L’agricoltura è la pietra miliare del percorso evolutivo dell’umanità, una scoperta che divide la preistoria dalla storia, molto prima della svolta storica avvenuta con la trasformazione della lingua parlata in lingua scritta. La domesticazione di una pianta selvatica non è altro che una versione accelerata della selezione naturale, il processo alla base dell’evoluzione biologica. Già nell’Ottocento, Charles Darwin aveva suggerito, con la teoria della evoluzione delle specie, che tutti gli organismi viventi sul nostro pianeta potessero discendere da un unico antenato comune, attraverso ramificati alberi filogenetici. Con la prima rivoluzione agricola, quella neolitica, si ebbe una selezione artificiale fra le piante presenti nella popolazione naturale e i primi agricoltori cominciarono a far riprodurre solo quelle specie in possesso delle caratteristiche desiderate (ad esempio frutti più grandi), continuando poi ad ottimizzarne il processo, di generazione in generazione. In una pianta coltivata si cerca di aumentare le dimensioni della parte commestibile; se è tossica, la parte commestibile deve perdere i composti che la rendono tale, anche se questi la difendono dagli erbivori o dai roditori. La pianta dai semi commestibili non deve neppure disperderli, altrimenti risulterebbe troppo difficile raccoglierli, permettendo così ai chicchi di grano di non cadere più dalla spiga. I semi devono germinare tutti insieme, anziché in momenti diversi, come invece avviene nelle varietà selvatiche delle stesse piante. E si potrebbe continuare a lungo. Una tale trasformazione migliorativa fu molto lenta, essendo frutto di osservazione, intuito, fortuna e soprattutto pazienza, dato che era ancora sconosciuto come avvenisse la trasmissione dei caratteri ereditari da una generazione all’altra. Con il passare del tempo vennero generate piante geneticamente nuove, spesso quasi impossibili da identificare per chi conoscesse solo i rispettivi progenitori selvatici. Le piante domesticate diventano in questo modo totalmente dipendenti dall’uomo, spesso fino al punto da non sopravvivere senza le cure dell’agricoltore. Le piante vengono poi esportate in regioni nuove, dove diversi sono il clima, il suolo, la temperatura, la durata del giorno, i parassiti. La tendenza all’aumento demografico con il conseguente fabbisogno di aumento dei volumi di cibo, il lento cambio del clima, la necessità di combattere i nuovi parassiti capaci di vincere le difese delle piante, impongono la messa a punto di nuove tecnologie agricole, come l’aratro, per modificare la struttura del suolo, o l’irrigazione, per aumentare la disponibilità d’acqua. La seconda rivoluzione per l’agricoltura parte nell’anno 1900, con la riscoperta del lavoro di un monaco boemo, Gregor Mendel che, alla metà dell’800, seguendo la trasmissione di alcuni caratteri in piante di pisello, aveva identificato le leggi che regolano la trasmissione dei caratteri genetici ereditari. In pochi anni nasce una nuova scienza, la genetica, che formula il concetto di gene, l’unità più semplice del patrimonio ereditario di ogni organismo, per poi scoprirne la localizzazione nei cromosomi contenuti nel nucleo cellulare. Il compito passa quindi dai contadini agli scienziati, ed il miglioramento genetico non avviene più nei campi, ma nei centri di ricerca agronomica, dove vengono raccolte e studiate centinaia di varietà, provenienti da ogni parte del mondo. I risultati non restano più isolati, ma vengono pubblicati e velocemente diffusi, rendendoli disponibili e fruibili per tutti. La velocità del miglioramento genetico delle piante coltivate comincia ad aumentare. I genetisti agrari possono finalmente produrre nuove varietà in maniera mirata, accoppiando tipologie che possiedono caratteri utili, magari provenienti da continenti diversi, cercando di far sì che questi caratteri si ritrovino uniti nella progenie. Cominciano la ricerca e la raccolta dei progenitori selvatici delle piante coltivate, così come di varietà arcaiche e isolate, portatrici di geni ancora utili, valorizzando la grande diversità genetica creata nel corso dei secoli dagli agricoltori. Alla selezione e all’incrocio mirato si aggiungono poi nuove tecniche di ibridazione artificiale, che consentono di trasferire geni non solo fra varietà della stessa specie, ma anche fra alcune specie diverse, strettamente imparentate. Vengono inoltre impiegate sostanze o radiazioni capaci di produrre nuove mutazioni nel patrimonio genetico delle piante. Alcune varietà di grano duro, con le quali si fabbrica oggi la pasta, sono state ottenute utilizzando genitori prodotti proprio in questo modo. Al perfezionamento dei metodi di selezione e incrocio si aggiungono profondi cambiamenti nelle tecniche agronomiche. Con le loro caratteristiche, le nuove varietà si integrano ora in un’agricoltura fortemente meccanizzata e basata sull’uso sistematico di fertilizzanti e agrofarmaci. Questa seconda svolta nella storia dell’agricoltura culmina con la Rivoluzione Verde, fra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento, quando la resa delle colture aumenta vertiginosamente. I benefici sono immensi e gran parte della popolazione mondiale si libera dall’incubo della fame, con il rischio, però, di vedere scomparire le centinaia di varietà meno produttive, nonché gli assortimenti di geni che potrebbero un giorno tornare utili. Proprio negli anni in cui la Rivoluzione Verde raccoglie i suoi trionfi, nei laboratori la biologia molecolare comincia a conoscere sempre meglio il DNA e ad utilizzare i meccanismi molecolari alla base della conservazione, della trasmissione e dell’espressione dei caratteri genetici. Alle possibilità della Rivoluzione Neolitica (selezione) e della Rivoluzione Verde (selezione ed incrocio), se ne inseriscono altre due: la capacità di “vedere” caratteri, prima invisibili, attraverso lo studio della sequenza di base nelle molecole di DNA e la capacità di “trasferire” singoli geni in modo mirato, fra varietà sia della stessa specie che di specie diverse. L’ingegneria genetica diventa la nuova tecnica usata per modificare le piante e, come ogni nuova tecnologia, potrebbe rivelare conseguenze impreviste e indesiderate. Grazie a questa consapevolezza si sono sviluppati rigorosi test di sicurezza prima che le nuove varietà “ingegnerizzate” siano immesse sul mercato. Siamo di fronte alla terza rivoluzione dell’agricoltura. … Si narra che la nave in legno sulla quale viaggiò l’eroe greco Teseo venisse mantenuta intatta nel corso degli anni, sostituendone le parti che via via si deterioravano. Benché la nave conservasse esattamente la sua forma originaria fu sostituita in tutti i suoi componenti, ma essa è rimasta “la nave di Teseo”. La nave di Teseo si è conservata oppure no? Modificata nella sua sostanza, ma senza intaccare la forma, è ancora proprio la medesima entità o le somiglia soltanto?
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