Sono stati diffusi dall’Istat i conti economici del Paese riferiti al secondo trimestre 2020. A proposito degli andamenti economici recenti, occorre fare attenzione a non cadere nell’effetto ottico del confronto con i mesi o i periodi immediatamente precedenti. Infatti, l’anomalia dell’anno in corso fa sì che, per disporre di dati genuini, sia necessario osservare essenzialmente i tendenziali, ovvero i confronti con gli stessi mesi o periodi dell’anno precedente, in quanto i confronti congiunturali portano a valutazioni distorte sulle situazioni e sul valore oggettivo delle discese e dei rimbalzi in atto.
In crescita la propensione al risparmio degli italiani
Nella TABELLA alla pagina successiva sono perciò riportate alcune variazioni tendenziali elaborate sui dati Istat relative, da un lato, alla situazione reddituale delle famiglie italiane, dall’altro, ad alcuni parametri congiunturali del secondo trimestre dell’anno in corso, a confronto con lo stesso trimestre 2019.
È interessante notare che, mentre il potere di acquisto va di pari passo con quello del reddito disponibile, con cali attorno al -7%, la spesa per consumi finali cede in misura molto maggiore, con un appesantimento aggiuntivo di circa 10 punti percentuali. Questa forbice coincide, non a caso, con il parallelo aumento della propensione al risparmio delle famiglie fra i due trimestri di riferimento. Si precisa che il calo della spesa per consumi finali, pari al -17%, è superiore a quello delle vendite al dettaglio del trimestre (-13%), in quanto i consumi finali sono comprensivi dell’intero universo di spesa. Si aggiunge che i maggiori accantonamenti legati alla più alta propensione al risparmio, non hanno generato un incremento della spinta agli investimenti delle famiglie; infatti, il tasso di investimento perde circa due punti nel confronto trimestrale, a conferma che la citata maggiore propensione è andata, prudenzialmente, soprattutto in accantonamenti, ad evitare i rischi connessi con la fluidità e l’incertezza del periodo. Va poi segnalato che, mentre le vendite alimentari al dettaglio appaiono toniche per il noto “effetto scorte” connesso al trimestre di riferimento, la produzione e l’export del comparto registrano segni negativi tutt’altro che trascurabili, anche se assai meno accentuati rispetto a quelli generali. È una ulteriore conferma che i dati progressivi sui sei-sette mesi di questi due parametri edulcorano e attutiscono l’impatto specifico della crisi, grazie alle “medie” connesse alla buona spinta di cui avevano goduto a inizio anno.
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