La Commissione europea ha lanciato una valutazione preliminare d’impatto in tema di etichettatura dei prodotti alimentari, volta a raccogliere opinioni e contributi di cittadini e stakeholders sull’intenzione della Commissione di rivedere le norme relative alle informazioni fornite ai consumatori di cui al Reg. (Ue) 1169/2011 (Reg. FIC). La proposta, che rientra nell’ambito delle azioni delineate all’interno della strategia “From Farm to Fork “è finalizzata a:
È stata quindi avviata una consultazione pubblica, terminata a inizio febbraio, nel corso della quale le organizzazioni professionali del settore alimentare hanno trasmesso i propri commenti sull’impatto iniziale di proposta di revisione del Reg. (Ue) 1169/2011. Commenti sono pervenuti da FoodDrinkEurope (Federazione europea dell’industria alimentare e delle bevande), Federalimentare (Federazione italiana dell’industria alimentare), Efm (European Flour Millers, l’Associazione europea dei molini a grano tenero) e PFP (Primary Food Processors, l’organizzazione costituita da 6 associazioni, tra cui Efm, che operano nel settore della prima trasformazione).
Da un esame dei contenuti dei documenti si evincono alcune considerazioni comuni da parte delle sopra menzionate organizzazioni, a partire da una generalizzata posizione contraria all’estensione a tutti gli alimenti dell’indicazione obbligatoria d’origine.
Con riferimento ai numerosi commenti formulati da FoodDrinkEurope e da Federalimentare sulle tre azioni indicate nel documento di valutazione dell’impatto iniziale della revisione del Reg. (Ue) 1169/2011, si richiama l’attenzione, in particolare, su quelli riguardanti l’ipotesi della possibile estensione dell’etichettatura di origine obbligatoria. FoodDrinkEurope esprime in maniera netta la propria contrarietà sottolineando le possibili conseguenze negative che potrebbe comportare non solo per gli operatori del settore alimentare, ma anche per i consumatori e per gli operatori, mentre Federalimentare pone in evidenza l’opportunità di prendere come punto di partenza l’impatto dell’attuale situazione, individuando una soluzione che preservi il Mercato Unico, invitando al contempo a non confondere l’origine della materia prima con la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari, aspetti sui quali l’industria alimentare italiana ha sempre manifestato la massima attenzione sia per le materie prime nazionali che per quelle comunitarie e di Paesi terzi. I consumatori dovrebbero essere correttamente educati e informati sul fatto che la sola origine non è garanzia di qualità.
Al riguardo, l’Efm sottolinea che l’industria molitoria europea a grano tenero non è favorevole a un’ulteriore estensione dei requisiti di origine obbligatori per i prodotti non trasformati, per i prodotti monoingrediente e per gli ingredienti che rappresentano più del 50% di un prodotto alimentare. In realtà – continua il documento dell’Efm – a questa estensione si era già opposta la stessa Commissione europea nella conclusione del Rapporto al Parlamento europeo e al Consiglio – COM (2015) 204 final – del 2015. Essa, infatti, andrebbe contro le modalità seguite nel processo di trasformazione dai mugnai che separano il grano (cereali) in rapporto alla qualità e non all’origine. Il mugnaio acquista, immagazzina, miscela e macina diversi tipi di grano tracciato di diverse qualità, essenziale per il processo di molitura. I mugnai possono anche miscelare diverse farine per realizzare il prodotto ad hoc richiesto dai loro clienti. Inoltre, indiacare l’origine del grano potrebbe essere fuorviante sebbene vero, suggerendo che la farina o i prodotti a base di farina possiedono “qualità” o caratteristiche speciali quando tutti i prodotti simili presentano tali “qualità” o caratteristiche. Oggi, la maggior parte del grano lavorato dai mugnai europei proviene da origini locali o dall’Ue, con solo una quantità – che può variare a seconda dello Stato membro – di grano di alta qualità importato da Paesi extra-Ue.
Anche il Pfp, nel suo documento, ritiene che l’attuale quadro normativo fondato sull’etichettatura volontaria del Paese d’origine (COOL) e le conclusioni del Rapporto del 2015 in precedenza menzionato siano adeguati; pertanto, non sostiene in alcun modo l’introduzione di requisiti obbligatori per i prodotti dei settori da essa rappresentati.
Anche sull’azione finalizzata a rivedere le norme dell’Ue sull’indicazione della data (le date indicate con le diciture “da consumare entro” e “da consumare preferibilmente entro”), l’indirizzo uniformemente rappresentato è nel senso che le attuali indicazioni sono ancora appropriate e non dovrebbero essere cambiate.
Al termine dell’Inception Impact Assessment avrà inizio la valutazione d’impatto vera e propria (Impact Assessment – IA) che sarà gestita dalla Commissione con il supporto di un consulente esterno. La pubblicazione del rapporto finale dell’IA è attesa per la fine del 2021 e l’inizio del 2022. Al termine dell’IA, la Commissione lavorerà sulle proposte legislative vere e proprie che – seguendo quanto previsto nella F2F strategy – dovrebbero essere presentate alla fine del 2022.
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