Come esaminato nella prima parte di questo articolo, pubblicato nel numero di luglio, il processo di tempra è un procedimento che consiste nell’introduzione di una o più interruzioni nell’erogazione di aria calda durante l’essiccazione dei cereali. Ora, tali interruzioni consentono al cereale di far migrare l’umidità ancora contenuta nel suo centro verso l’esterno naturalmente, per capillarità. In mancanza di sollecitazioni termiche, infatti, le particelle d’acqua iniziano a spostarsi nella zona del seme già essiccata dall’aria calda, consentendo all’essiccatore di disporre di molta più umidità alla riaccensione del flusso d’aria calda.
Per operare correttamente il miglior tipo di tempra a seconda della tipologia di seme che si deve essiccare, è necessario regolare tre aspetti:
Poiché la struttura fisica, ad esempio, tra mais e riso muta profondamente occorrerà, per ciascuno dei due cereali sopra menzionati, impostare una programmazione di tempra che si differenzi per inizio, durata e numero. Se per il mais è indicato un solo periodo di tempra, per il riso ne sono previsti due. Stessa cosa per quel che concerne le durate, che variano molto: da quelle più lunghe per il mais, a quelle brevi ottimali per il riso, costituito da un seme troppo piccolo per potersi permettere perdite eccessive di calore causate da lunghi fermi macchina. Il numero di soste e la loro durata, quindi, sono frutto di un compromesso tra efficacia ed efficienza: interrompere frequentemente l’essiccazione per lunghi periodi garantirebbe, da un lato, una perfetta omogeneità tra cuore e strato esterno, con la conseguente minimizzazione del consumo energetico e di combustibile; dall’altro, la durata complessiva del processo risulterebbe inaccettabile. Un fattore che deve essere considerato con molta attenzione per stabilire la durata della tempra è la presenza o meno della movimentazione del cereale.
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