Il conflitto in Ucraina ha aperto, e non poteva essere diversamente, nuove criticità per l’industria alimentare italiana in generale e per quella molitoria in particolare. I due Paesi coinvolti non rappresentano certamente una fonte di approvvigionamento in materia prima frumento rilevante e insostituibile per le nostre imprese, ma non per questo l’impatto delle ostilità in atto risulteranno marginali.
BEN VENGANO INNOVAZIONI IN GRADO DI ADEGUARE LA PRODUZIONE AGRICOLA ITALIANA ALLE ESIGENZE DELL’INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE
Il peso di Ucraina e Russia sui mercati cerealicoli internazionali è, infatti, tale che, come puntualmente accaduto, era ineluttabile che il conflitto si traducesse in immediate e violente tensioni sulle quotazioni dei cereali, acuite dall’andamento schizofrenico e speculativo dei mercati futures, in particolare nei Paesi strutturalmente deficitari quali l’Italia.
Era però meno prevedibile che determinasse, per i motivi già espressi, difficoltà di approvvigionamento per le nostre aziende di trasformazione, a causa di taluni ostacoli al commercio messi in atto, con buona pace del sacrosanto principio della libera circolazione delle merci nel mercato interno comunitario, da un partner europeo, nella fattispecie l’Ungheria, diventato ormai da diversi anni nostro principale fornitore di frumento tenero.
IMPREVEDIBILI GLI OSTACOLI POSTI DALL’UNGHERIA AL LIBERO COMMERCIO DEL GRANO TENERO
Abbiamo così scoperto che le nostre aziende possono essere fragili, molto fragili per quanto riguarda il loro approvvigionamento in materia prima frumento, nonostante l’abbondanza dell’offerta internazionale, anche perché è illusorio, contrariamente a quanto dai più incautamente affermato, pensare di raggiungere qualche forma di autosufficienza in materie prime agricole rispetto al nostro fabbisogno totale.
Possiamo certamente limare (ma a quale costo?) la nostra dipendenza dall’estero, ma non possiamo dimenticare che siamo, e probabilmente saremo sempre più, importatori (di materie prime), perché siamo, e auspicabilmente saremo sempre più, esportatori (di prodotti trasformati). Pertanto ben vengano gli incrementi delle superfici cerealicole – anche nelle zone marginali che non forniscono garanzie sui volumi o sulla qualità dei raccolti – ma forse sarebbe preferibile investire su altri strumenti – quale, a mero titolo esemplificativo, la ricerca varietale – in grado di consentire alla produzione agricola italiana quel balzo in avanti necessario per adeguare la sua offerta alle esigenze dell’industria della trasformazione.
The current conflict reveals Italy’s fragility, in terms of agricultural production, not so much because of the two countries involved which, in fact, are not so crucial in terms of exports for Italy, but because of the impact that this war has on Europe as a whole. In fact, it was unthinkable that Hungary, a European country and the main exporter of soft wheat to Italy, would decide to block its flows. This, as well as several other elements, should make us pause for thought. Italy imports raw materials and exports processed products. So, it is necessary to think about all those opportunities that can increase domestic production, not so much to be independent – an unthinkable prospect today – but to constantly look for new ways to prevent problems such as the current one.
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