Il frumento, nella duplice accezione di bene alimentare primario ed arcaico e segno rituale-simbolico, è parte della cultura agraria mediterranea, di cui il nostro Paese fertile e generoso di spighe è anche metafora nella mitologia greca, tanto quanto nelle letture del Vangelo. Alle dee greche Demetra e Persefone (Cerere e Proserpina nella mitologia romana), madre e figlia unite da un fatale destino di perdita e ritrovamento inerisce la ciclica alternanza delle stagioni ed in particolare la rigenerazione primaverile. Uguale il destino del frumento, metafora della vita e della morte, del passare del tempo e della periodica riformazione, il cui seme dal buio della terra, annuncia ed affronta il mistero della vita. Nei festeggiamenti pagani dei misteri Eleusini, nati in Grecia, a Eleusi nel VII secolo a.C., poi estesisi a Roma, si racconta del ratto di Persefone/Proserpina, espresso nell’arte dai capolavori pittorici e scultorei rispettivamente di Dante Gabriele Rossetti e Gian Lorenzo Bernini. “Per prima Cerere smosse le zolle con l’aratro adunco, per prima diede al mondo grano e soavi alimenti, per prima fondò le leggi: tutto è dono di Cerere.
LA ZIZZANIA PUÒ CONFONDERSI CON IL GRANO, MA A SUO TEMPO LA DISTINZIONE TRA LE DUE PIANTE DIVERRÀ EVIDENTE
(…) C’è una grande isola, la Sicilia, che sta sopra il corpo di un gigante (…) C’è un lago vicino alle mura di Enna, profondo, che si chiama Pergo, e neppure il Caistro ascolta sulle sue onde più canti di cigni. Un grande bosco corona le acque da tutti i lati (…) In questo bosco Proserpina mentre gioca a raccogliere viole e candidi gigli, e ne riempie con zelo fanciullesco le ceste e il seno, e in ciò cerca di superare le sue compagne, fu subito vista e amata e rapita da Dite, tanto irruppe a precipizio l’amore. La dea atterrita chiama con voce triste le compagne e la madre, ma più la madre. Si lacerò la veste all’orlo di sopra, e dalla veste allentata caddero i fiori raccolti; e tanto candore c’era nei suoi giovani anni che anche questa perdita causò dolore alla vergine.” (Ovidio, Le Metamorfosi) La dea Cerere era particolarmente amata dagli uomini; proteggeva il lavoro dei campi, faceva maturare i frutti e biondeggiare il grano, ricopriva la terra di fiori e di erbe per tutti i mesi dell’anno. La figlia Proserpina, una fanciulla bionda e soave, sempre sorridente, bellissima, mentre raccoglie fiori sulle rive del lago Pergusa, vicino Enna, viene rapita da Dite/Plutone, dio delle tenebre, e diviene sua sposa e regina dell’Ade, costretta a vivere nel sottosuolo. Dopo nove giorni e nove notti insonni di sgomento, Cerere, la madre, decide di rivolgersi a Giove implorandolo di farle riavere la figlia, ma senza ottenerne risultato. Cerere, folle di dolore, decide allora di provocare una grande siccità… e dopo la siccità la carestia ove uomini e bestie muoiono in grande quantità. Giove, scosso, invia Mercurio da Plutone per imporgli di restituire Proserpina alla madre. A Plutone non resta che obbedire, ma prima di fare ripartire la sua amata Proserpina, le offre da mangiare dei chicchi di melograno, simbolo di matrimonio, impegnandola, a sua insaputa, all’Ade per sempre. Giove, tuttavia, mosso a compassione, fa sì che Proserpina possa trascorrere sei mesi ogni anno insieme alla madre (Primavera ed Estate) e i sei mesi restanti insieme a Plutone. Dai giorni della candelora, i più freddi dell’anno, all’Equinozio di Primavera, fino al Solstizio d’Estate: circa cinque mesi durante i quali il frumento si trasforma passando dalla germinazione, l’accestimento con la formazione di germogli laterali, la fioritura con la fecondazione del fiore e la levata dello stelo. Dopo un ciclo lunare di 6 lunazioni si esprime la fioritura del grano, con fiori a grappolo di colore bianco a riflessi rossastri. Ed infine la spigatura, cioè la formazione delle spighe con la conseguente maturazione, fino a giungere al momento della mietitura, variabile secondo i tipi di grano e le condizioni climatiche: giugno per il meridione, luglio per il settentrione. La tecnica antica, ora superata da sofisticate macchine guidate da strumenti satellitari, prevedeva la mietitura tutta a mano, con la Falce Messoria, una lama curvata ad arco con immanicatura lignea. I covoni, null’altro che fasci legati per la prima essiccazione, necessari affinché il grano si separi più facilmente dallo stelo durante la successiva fase di battitura, cambiano volto ai campi: dalla distesa bionda, in sensuale danza al vento, al raccolto raggruppato circolarmente in covoni, in rituale omaggio al Cerchio Solare, per la stagionatura sotto i raggi del sole.
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