La tematica della corretta informazione, attraverso una comunicazione responsabile da parte di tutti gli attori delle filiere frumento, si ripropone, purtroppo, per il nostro comparto, in maniera ricorrente.
Non intendo ovviamente ripercorrere l’elenco delle vere e proprie fandonie, a tutti note, succedutesi e venute all’onere delle cronache nel corso degli anni – complice anche la preoccupante assenza di un’autorevole azione informativa, istituzionale o meno, che di fatto ha consentito ad alcune fonti di imperare in materia di comunicazione senza incontrare grandi ostacoli – ma mi soffermerei piuttosto su ciò che può essere messo in campo per contrastare un fenomeno deleterio per tutti gli operatori della filiera e per i consumatori in primis.
Questi fenomeni disinformativi sono ovviamente presenti e costatati anche negli altri Paesi comunitari; in questo caso tuttavia, la loro rilevanza e incisività, intesa come capacità di influire sulle scelte e le convinzioni dei consumatori, appaiono più circoscritte. È evidente che l’attenzione a una corretta e sana alimentazione costituisce un patrimonio culturale del nostro Paese e pertanto la diffusione di notizie o pseudo notizie sulla materia trovano un terreno particolarmente fertile. Il problema, pertanto, risiede nella verifica dell’attendibilità sia dell’informativa, sia di coloro che l’hanno promossa.
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