La scoperta della pasta madre ha probabilmente origini molto lontane, spesso attribuite alle popolazioni che colonizzavano l’antico Egitto in prossimità della valle del Nilo. Quel che si conosce è che in quel momento storico, gli uomini avevano imparato a padroneggiare e addomesticare i lieviti e le tecniche di vinificazione e birrificazione, quindi pur non avendo le conoscenze scientifiche di oggi, avevano compreso alcuni importanti meccanismi della fermentazione spontanea e come adattarla alle proprie necessità. Lievito madre: la composizione Il lievito madre costituisce il primo esempio di lievito che l’uomo abbia mai realizzato, o per meglio dire, scoperto. Fino a poco più di cinquanta anni fa è stato alla base della realizzazione di qualsiasi prodotto da forno, ma in seguito alla scoperta del lievito compresso, il suo utilizzo nel corso degli anni è sempre più diminuito. Ultimamente si è assistito a una sua riscoperta: sempre più persone, appassionati e professionisti, infatti, lo conservano in casa o in laboratorio. Tuttavia, realizzare prodotti con questo tipo di lievito non è affatto facile. Prima di tutto, vediamo di capire nel dettaglio di cosa stiamo parlando. Il lievito madre si presenta come un impasto a tutti gli effetti, con consistenza più o meno solida, nel quale si sono sviluppati in maniera spontanea dei microrganismi, provenienti sia dalla farina sia dall’aria, appartenenti al regno dei funghi e dei batteri. Essi sono essenzialmente rappresentati dai lieviti, tra cui i principali sono quelli del genere saccharomyces e candida, e dai batteri lattici del genere lactobacillus, streptococcus e pediococcus. Essi sviluppano all’interno di questo impasto una serie di reazioni biochimiche, le quali portano alla produzione di anidride carbonica, diversi acidi organici e molecole aromatiche, che conferiscono al prodotto profumi e sapori molto intensi. La varietà microbica del lievito madre è la principale fonte dei numerosi benefici che esso apporta all’impasto e quindi al prodotto finito. Ma di cosa si tratta?
Anzitutto, una maggiore digeribilità. La lievitazione mediante lievito naturale, infatti, impiega molto tempo per il suo completamento. Questo porta a una maggiore attività enzimatica a carico degli enzimi presenti nella farina e di quelli prodotti dai batteri, che vanno a rompere le proteine della farina, liberando così amminoacidi e facilitando la nostra digestione. Bisogna però precisare che l’attività enzimatica coinvolge solo il 10% circa delle componenti della farina.
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