La sentenza del 30 giugno scorso della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-51/21, riporta l’attenzione sul tema della gestione giuridica dei limiti applicabili alla presenza di Listeria monocytogenes negli alimenti.
IL DIRITTO DEVE DISCIPLINARE LA PRODUZIONE E IL CONTROLLO PUBBLICO
Il punto oggetto della decisione è il criterio di accettabilità negli alimenti pronti, che costituiscono terreno favorevole alla crescita del batterio, diversi da quelli destinati ai lattanti e ai fini medici speciali. Vista la sua ampia diffusione (la FDA didatticamente ricorda che “[…] i batteri della listeria che possono essere presenti in ambienti umidi, suolo, acqua, vegetazione in decomposizione e animali, e possono sopravvivere e crescere sotto la refrigerazione e altre tecniche di conservazione”, in www.fda.gov/food/foodborne-pathogens/listeria-listeriosis, consultato il 10 agosto 2022), la ricerca della listeria costituisce, come è noto, un parametro batteriologico di normale controllo e talvolta di inspiegate positività anche in processi produttivi bene gestiti.
Il Reg. (Ce) 2073/2005 prevede che, a determinate condizioni, nella categoria di alimenti sopra citata è tollerabile la presenza massima di 100 unità formanti colonie (ufc)/grammo(g) durante il periodo di conservabilità e successivamente alla messa sul mercato. Fino a quando restano in carico presso il produttore, negli alimenti la listeria deve invece risultare assente o, meglio, non rilevabile secondo la dizione aggiornata dal Reg. (Ue) 2019/229.
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Avvocato esperto in diritto dell’alimentazione
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