La tempesta dei costi esplosa in chiusura 2021 è diventata, com’è noto, ancora più “perfetta” con lo scoppio della guerra russo-ucraina. Qualche commodity agricola potrebbe mostrare parziali rientri delle speculazioni e delle quotazioni entro metà anno, ma la speranza di convincenti riduzioni a breve delle pressioni complessive lamentate dalle aziende rimane ottimistica. A marzo l’inflazione è salita al 6,7% dal 5,7% di febbraio, e promette di rimanere su questi livelli, non solo nel secondo trimestre ma anche nel terzo e forse per tutto l’arco residuo dell’anno. I prezzi alla produzione dell’industria alimentare hanno segnato a febbraio un tendenziale del +9,0%, dopo aver chiuso al +6,6% a dicembre 2021.
LE INCOGNITE LEGATE ALL’EXPORT POTREBBERO PENALIZZARE LA RIPRESA DEL SETTORE
Nello specifico, un comparto chiave di prima trasformazione come il molitorio, a febbraio è arrivato su un tendenziale dei prezzi alla produzione pari al +33,8%, superando di slancio il già micidiale +26,9% registrato a dicembre. Va aggiunto che i prezzi alla produzione dell’aggregato industriale nel suo complesso hanno fatto ancora peggio, con un tendenziale a febbraio del +41,4%. A fronte, i prezzi al consumo dell’“alimentare lavorato” si sono attestati, sempre a febbraio, sul +4,0%, mentre l’inflazione, come detto, a marzo ha fatto segnare un +6,7%.
È chiaro, insomma, che la pressione a monte dei costi di produzione (alimentari e non) è ben lontana dall’essersi scaricata ragionevolmente sul cosiddetto “costo della vita”. Da qui, la previsione di ulteriori accelerazioni inflazionistiche e del loro perdurare nel corso dei prossimi mesi.
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