L’inflazione di giugno, secondo i dati provvisori diffusi dall’Istat, è scesa come noto al +6,4%, dopo il +7,6% di maggio. Se si ricorda che essa veleggiava sul +11,8% nel bimestre ottobre-novembre 2022, il rientro è tutto sommato significativo, anche se non è mancato in itinere qualche ritorno di fiamma. In ogni caso, tale rientro si è dimostrato insufficiente, finora, a esorcizzare la pesantezza del mercato alimentare interno. Dopo il calo quantitativo delle vendite alimentari del -4,2% registrato in media 2022, queste si sono attestate infatti nel 1° quadrimestre sul -4,9%. Se si pensa alla leggendaria stabilità anticiclica del mercato alimentare degli scorsi decenni, la svolta è davvero epocale.
Molitorio e industria alimentare
Un settore portante come il molitorio ha fatto comunque la sua parte sul fronte inflativo. Basta dire che esso, dopo aver chiuso con un passo del +29,4% dei propri prezzi alla produzione nel confronto dicembre 2022/21, è passato in negativo (-0,5%) nel confronto maggio 2023/22, con un taglio praticamente di 30 punti. Ma circoscriviamo lo sguardo all’anno in corso. Emerge che i prezzi alla produzione dell’industria alimentare complessiva sono scesi, dal +14,8% di gennaio, al +7,4% di maggio, con un taglio di 7,4 punti che vuol dire dimezzamento. Al consumo, invece, i prezzi dell’“alimentare lavorato” sono scesi, dal +14,9% di gennaio al +11,9% di giugno, con un taglio di soli 3 punti. Si profila insomma una certa “pigrizia” (forse “anche” per l’effetto scorte…) da parte della distribuzione nell’adeguare i listini. E questo, se forse aiuta i margini dell’ultimo anello di filiera, non incentiva i consumi. A fianco, i prezzi al consumo dei prodotti alimentari freschi, ovvero dell’“alimentare non lavorato”, sono rimasti in forte tensione, con un tendenziale a giugno del +9,6%, che sale addirittura rispetto al +8,9% di maggio. Il fatturato dell’industria alimentare, d’altra parte, sulla scorta della forte decelerazione produttiva di aprile (-5,6%) e del rientro dei prezzi alla produzione del settore, segna ad aprile un +6,1% tendenziale, in netto rientro dopo il +10,4% di marzo. Mentre, a fianco, il fatturato industriale complessivo del Paese “si asciuga” su un marginale +1,8%, dopo il +4,3% di marzo, grazie al forte rientro costi-prezzi legato all’energia. Insomma, il contesto è difficile, con un mercato alimentare fluido e depresso. Anche il valore aggiunto del settore appare in affanno, per l’impoverimento degli acquisti. Solo una voce, la ristorazione, importantissima ma minoritaria, appare tornata tonica e in ripresa.
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Responsabile Ufficio Studi, Mercato e Ufficio Stampa di Federalimentare
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