L’india, secondo esportatore al mondo di grano, mette un tetto rigoroso alle esportazioni di questa derrata. Nel perseguimento di una politica di sicurezza alimentare interna, il governo di Narendra Modi ha varato nei mesi scorsi un provvedimento che limita a 6 milioni di tonnellate la quantità di frumento che può essere esportata dal Paese. Dietro questo limite al commercio globale ci sono una serie di ragioni tra le quali, il dubbio che, stanti le condizioni climatiche in precipitoso cambiamento, il Paese non riesca a reggere i livelli produttivi attuali nel lungo termine; la congiuntura economica sfavorevole che, negli anni passati ha visto i produttori preferire il mercato internazionale a quello interno per la vendita del grano al fine di ottenere remunerazioni migliori rispetto a quelle fornite dai pagamenti in rupia (moneta interna); e, non da ultimo, la corsa di questo colosso asiatico da quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti, verso il posto di seconda potenza mondiale così come emerso nel corso del World Economic Forum di Davos di gennaio, con il raggiungimento dell’obiettivo di 10.000 miliardi di dollari di Pil entro il 2035. Un obiettivo che impone la necessità di sostenere la rapida crescita della classe media. Non a caso, a Davos, l’India è stata definita uno dei “punti luminosi” sulla scena mondiale.
Le ricadute sui mercati esteri
Il tetto alle esportazioni, già dalle prime settimane di applicazione, sta creando un certo scompiglio sui mercati esteri anche perché questo avviene su uno scenario globale già particolarmente caotico per il commercio in generale e, in particolare, per quello cerealicolo, causato dal conflitto russo-ucraino. Le produzioni indiane erano infatti considerate una sorta di bilancia che serviva ad aggiustare gli scompensi del commercio mondiale di grano causato dalla suddetta guerra. Tuttavia, la situazione sarebbe sfuggita di mano al governo dal momento che con le quotazioni del grano schizzate alle stelle, negli ultimi anni di raccolto record, i coltivatori indiani hanno spinto sulle esportazioni preferendo i prezzi del mercato internazionale a quelli praticati per le vendite sul mercato interno. In sostanza, se sul piano geopolitico l’India è un partner insostituibile perché partecipa a ogni alleanza creata per contenere l’espansionismo cinese nell’Indo-Pacifico, su quello economico il discorso cambia o meglio, si rallenta. Secondo gli esperti, l’India non ha intenzione di correre troppo in fretta. Non solo per i problemi di sicurezza alimentare interna, ma anche per la sua dipendenza dai fertilizzanti russi che ha in qualche modo influenzato la sua posizione nei confronti della belligerante Mosca.
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Giornalista esperta del settore agroalimentare
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