Mani (Filippo Manfroni)
Un chicco di frumento è caratterizzato da una struttura molto complessa, con diversi involucri e membrane e per di più con caratteristiche variabili da raccolto a raccolto, determinate dal terreno e dal clima. Rendere accessibili i nutrienti contenuti nel chicco di grano fu esigenza umana sin dalla scoperta del frumento; occorreva perciò lavorarlo, cominciando proprio con la molitura.
(ARGONAUTA – Atto 3, Capitolo 2)
Una vera e propria arte quella molitoria e quello del mugnaio un mestiere molto particolare, che racchiude in sé una serie di competenze vastissime. Il mugnaio deve essere botanico, perché tenuto a conoscere e distinguere la materia prima, i cereali che macina; il mugnaio deve essere chimico e biologo, perché gli serve analizzare le materie che usa ed i prodotti che crea; il mugnaio deve intendersi di meccanica e di idraulica, per la conduzione dei macchinari. Tutto ciò rende il mugnaio artigiano ed imprenditore allo stesso tempo. Le prime tecniche di macinazione, dalla preistoria all’età romana, si limitano alla triturazione del cereale, schiacciandolo tra due pietre levigate che vengono fatte ruotare dalla sola forza muscolare di persone o animali. Dalla semplice triturazione si giunge alla molitura, cioè alla tecnica per ottimizzare il processo di macinazione al fine di ottenere farine qualitativamente eccellenti, diverse in relazione al loro utilizzo finale. Tale risultato è imputabile all’esperienza del solo mugnaio, che un tempo controllava i risultati affidandosi alla vista ed al tatto. Oggigiorno, in aggiunta alla ritualistica manuale, si confida nei risultati di laboratorio, dove vengono impiegate sofisticatissime attrezzature atte a rilevare le peculiarità fisiche dei prodotti ottenuti. Il rito manuale, un gesto di attenzione e di cura, che richiama la carezza della madre al figlio, come se il tocco dovesse influire sulla personalità della farina prodotta, vedeva un tempo, e vede tuttora, il mugnaio immergere la mano sotto l’incipiente flusso del macinato in uscita, per sentire la farina ed agire di conseguenza, educando il meccanismo di regolazione delle macine. Le particolari cure di un tempo, a cui il mugnaio si doveva dedicare, sono similari alle odierne, ovviamente riviste in virtù di tecnicismi e tecnologie ora utilizzati. Ecco il ripetersi della regolazione della distanza intercorrente fra le due macine, per ottenere una farina della finezza voluta senza bruciarla, ribattere periodicamente i solchi delle macine per ravvivarne e riaffilarne i bordi, tenere pulite le opere idrauliche asportando la vegetazione infestante e rimuovendo i detriti trasportati dalle acque: gesti antichi di un tempo, rinnovati ancora oggi.
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